La locandina del film

Tutti conoscono la strage di Monte Sole, l’eccidio noto anche come Strage di Marzabotto compiuto nel 1944 dai soldati tedeschi della 16° Divisione Panzergrenadier comandata dal maggiore Walter Reder. Alcuni sanno chi era “Cacao”, il collaborazionista italiano che li guidò: è citato in molti libri e compare nel film “L’uomo che verrà”, con in testa un elmetto germanico. Quello che quasi tutti ignorano, è che Giuliano De Balzo – questo il vero nome – era di Pianoro. Abitava nella zona in cui oggi sorge Villa Giulia, in un gruppo di vecchie case che vennero distrutte dai bombardamenti, come del resto l’intero paese. Graziano Mattei allora era un bambino ma lo ricorda bene. «Sono nato a Pianoro Vecchia e di quella persona sentivo sempre parlare – ricorda –, era un disgraziato che una volta minacciò col coltello la sua matrigna. Venne la guerra e noi sfollammo a Colombano, verso Brento. Lì un giorno, assieme ad altri bambini, vedemmo passare “Cacao” con le mani sulla testa e dietro di lui due tedeschi. Lo portavano al comando, che aveva sede in un posto chiamato San Benedetto, un chilometro più giù. Pensavamo lo avrebbero ucciso. Invece tradì gli amici e non si limitò a collaborare, entrò nelle SS. Girava con loro e indicava tutti i nascondigli, ho sentito testimonianze secondo le quali nella zona di Monte Sole avrebbe addirittura ammazzato delle persone, una famiglia di contadini. Tirò fuori la pistola e pare dicesse: “Adesso siete voi che avete paura!”». Molte cose però si sarebbero sapute solo molto tempo dopo. La guerra infuriava, nel piovoso inverno di quel 1944 il fronte si fermò proprio sulle nostre colline, in attesa della ripresa, e gli abitanti di Pianoro vennero evacuati. «Ci misero nel Centro Profughi alle scuole Manzolini in via S. Isaia, davanti alla chiesa – prosegue Mattei –. Le aule erano piene di paglia e noi dormivamo lì. Era freddo e un giorno mio padre assieme ad altre persone presero una stufa di terracotta e la portarono dentro perché ci scaldassimo. Il fuoco però era pericoloso, con tutta quella paglia, e il direttore del Centro voleva che la stufa venisse portata via. C’era lì anche una bella ragazza e “Cacao” ogni tanto veniva giù. Quando mio padre lo incontrò gli fece: “Dicevano t’avessero ucciso”. E lui: “No no, anzi mi hanno dato una carta in cui si dice che posso andare dove voglio”. E glie la mostrò. Ma mio padre da bambino era stato 18 anni in Germania, aveva studiato là e sapeva il tedesco. E lesse quel lasciapassare in cui le autorità germaniche dichiaravano che De Balzo era un loro agente. Con lui fece finta di niente, però ci prese da parte e ci avvertì di stargli lontani, “perché chissà come va a finire”». Infatti poco tempo dopo arrivò il direttore con altri due per portare via la stufa e…

«”Cacao” era lì che filava con quella ragazza e si oppose fino a quando si misero le mani addosso; tirò fuori la pistola e la puntò in faccia al direttore, che si prese paura e scappò via». Ma i partigiani sapevano cos’era successo a Monte Sole e conoscevano De Balzo, aveva militato tra di loro come cuoco della brigata Stella Rossa, prima di passare dalla parte del nemico. «Una notte si presentò un uomo chiedendo: “Dov’è De Balzo?”. “Sono qui”. “C’è il tuo amico Pietro che ti aspetta là fuori”. Lui buttò la mano sotto il cuscino per prendere la pistola ma non fece in tempo, l’altro gli sparò nella schiena. Morì all’ospedale, faceva degli urli… Quello che era venuto a cercarlo era solo, penso fosse “gappista” (i GAP, Gruppi di Azione Patriottica, erano quelli dei partigiani che operavano nelle città, nda)». Daniele Biacchessi nel suo libro “I carnefici” attribuisce l’esecuzione al partigiano “Maio”, al secolo Golfiero Magli, che effettivamente con il grado di capitano fece parte della 7a brigata GAP operante a Bologna. Erroneamente però colloca il fatto a Pianoro.

Dario Ballardini