Ricordando quasi trent’anni di giornalismo su San Lazzaro di Savena – per 15 anni per “il Resto del Carlino”, poi per i quotidiani “Il Domani” e “L’Informazione” abbinati a “La Stampa” di Torino – , il rastignanese Giancarlo Fabbri, ha dato alle stampe il libro “Gente di San Lazzaro. Persone e personaggi dalla A alla Zeta”, come omaggio ai tanti sanlazzaresi che hanno portato onore a questa città.
E che in un modo o nell’altro lo hanno aiutato a raccontare la città e la sua gente. Il libro, infatti, raccoglie una settantina di biografie che vede insieme imprenditori, commercianti, scrittori, architetti, medici, amministratori locali, storici, sportivi, cantanti, attori, poeti, donne, uomini, giovani e anziani. Qualche nome? Da Maria Adamo ad Adriana Zarri passando per Pupi Avati, Matteo Belli, Cesare Cremonini, Cristina D’Avena, Riccardo Fogli, Giuseppina Gualtieri, Giuliano Host, Giacomo Lercaro, Olinto Marella, Gabriele Nenzioni, Pier Luigi Perazzini, Werther Romani, Giulio Salmi, Alberto Tomba e Lina Venturi; tanto per citarne almeno uno per lettera iniziale.
Persone e personaggi che troverete in edicola a Pian di Macina, Pianoro, Rastignano e San Lazzaro. Dello stesso autore sono stati pubblicati: “Acqua passata. Storie, cronache e personaggi di Pianoro” (2018) e “La Croara e i suoi gessi” (2019) entrambi esauriti in pochi mesi. A farci caso San Lazzaro è strano. A partire da quel “Savena” che lo lambisce, dopo la deviazione del 1776 sul rio Polo; mentre l’Idice lo attraversa.
Non ha più grandi industrie eppure per reddito procapite è tra i comuni più ricchi d’Italia e il più ricco della regione. Infatti con un reddito di 28.570 euro (Irpef 2018, redditi 2017), supera Bologna con soli 27.273 euro, ed è 58esimo sui 7.978 comuni italiani esistenti quell’anno. Ma anche a San Lazzaro, però, vale la legge di Trilussa: «C’è chi se magna un pollo, chi due e chi fa la fame».
Nonostante questa ricchezza nello stemma municipale ha il “Ponte delle Sirene”, simbolo di unione, e il mendicante Lazzaro del Vangelo di Luca. Arma municipale che fino alla corona di Città fu sormontata solo dalla Lupa capitolina come altro segno di carità e di donazione di sé anche a chi è diverso. Infatti il toponimo, in origine Ronco Maruni, deriva dalla presenza sulla via Emilia di un lazzaretto per gli appestati. Col Lazzaro mendico, forse mai esistito, festeggiato come patrono il 17 dicembre che invece è dedicato al Lazzaro di Betania, dal Vangelo di Giovanni resuscitato da Gesù dopo la sepoltura.
E nella forbice tra ricchezza (spesso apparente) e povertà (purtroppo in crescita) il 4 ottobre 2020 a Bologna, festa di San Petronio, sarà proclamato beato il sacerdote don Giuseppe Olinto Marella, più noto come Padre Marella, che si fece mendicante nell’opulenta Bologna per dare cibo, alloggio, istruzione e un mestiere a migliaia di ragazzi poveri. Prete che fu sospeso a divinis, per modernismo, poi riammesso al culto, che però creava imbarazzo alla Curia per il suo accattonaggio accanto a teatri, o a negozi di tortellini. Morto a San Lazzaro giace nella chiesa della sua Città dei Ragazzi in via dei Ciliegi.
Gianluigi Pagani