Bacajèr a Pianôr (Parlare a Pianoro)
La Signora Pina mi chiede il significato di questi appellativi tipicamente bolognesi. Come dice il maestro del dialetto Luigi Lepri, Saraffo è la versione “italo-bolognese” di sarâf, che significa “ipocrita, finto tonto”, e, a sua volta, viene dal gergo della malavita, dove il nostro termine indicava il complice dell’imbonitore-truffatore che in pubblico interveniva magnificandone la merce e convincendo così i potenziali acquirenti all’acquisto. Anfér al sarâf (non fare il saraffo) è la tipica espressione del dialetto bolognese rivolto al finto tonto. Molto simile è il termine “Saiano”, l’italianizzazione di sajàn (rozzo maldestro). Anche “Samadrizzo” è un’italianizzazione, che io però non ho mai sentito in italobolognese e considererei un occasionalismo poi radicatosi in una ristretta cerchia. Proviene da s’a m adrézz, che significa “se mi drizzo” e, usato come sostantivo (t î un pôver s’a-m-adrézz). Sembra anch’esso un occasionalismo, proveniente da un aneddoto-barzelletta. Una bella sposa fa l’occhiolino a un tipo che sta vangando ricurvo e chinato. La signora lo invita in camera dicendo Véṅnet só da mé? Lui risponde: Sé, s’a m adrézz!, riferendosi evidentemente non soltanto al raddrizzamento della schiena. Muntròcc, lo conosco bene perché è il termine che mi fu affibbiato da ragazzo da parte dei bolognesi dentro le mura i quali indicano coloro che parlano il dialetto montanaro.
Noi a Pianoro diciamo Muntàner a quelli che parlano il dialetto Loianese o di Monghidoro. Maicàtt è invece il termine con il quale i soliti bolognesi del dentro le mura affibbiano ai bolognesi dei Comuni della bassa campagna bolognese.
Romano Colombazzi