“La mia casa è nei luoghi che vivo, dove passo, con cui stabilisco un contatto percettivo e umano. Inserire le mie opere in questi luoghi non è soltanto un omaggio, una manifestazione del mio sentire, ma come artista mi serve a mantenere vivo il dialogo con tutto ciò che mi ruota attorno, e che nutre quotidianamente la mia intenzione creativa”.
Questo il pensiero dell’artista Mauro Paolini, che abbiamo intervistato sulla sua arte. “A volte mi piace pensare le mie opere dall’interno, come a piccole creature vive. Mi immagino fermo, nella calma percezione di fruscii, rumori, profumi e battiti. Immagino di far parte di un arredo, su una mensola, appeso a un muro, a vedere e ascoltare l’esistenza delle persone che mi hanno adottato, immobile come uno spettatore”.

Da dove nasce la tua ispirazione?

“A un certo punto della mia vita, scontento, riflettevo sul perché vivere, sul perché sia così dura. Molte volte mi sono sentito ferito, come se la vita e la natura mi avessero voluto togliere qualcosa. Non sono più sicuro di cosa mi abbiano tolto, ma certamente mi hanno reso più attento, e in fondo ho compreso in tutti questi anni ho coltivato il desiderio di imparare. Imparare ad esprimermi, soprattutto. Così, per farlo, ho deciso di tornare indietro per poter andare avanti. Ho deciso di osservare la natura per imparare il linguaggio con cui parlare alle persone”.

Cosa vuoi comunicare?

“Voglio comunicare dando voce ai miei sensi, tramite i miei oggetti, quegli oggetti creati dalla mia esperienza che parlano una lingua semplice, a volte sgrammaticata. Dialogare con chi vuole parlare con me, con un linguaggio non preconfezionato, ma semplice, spontaneo e sincero. Plasmo una materia dolce,
piena di vita, piena d’amore, piena d’acqua, elemento primario della vita. La modello, mi modella, mi placa, mi ammorbidisce. Molte volte mentre la lavoro mi accorgo che è lei che mi insegna, che mi indirizza nei movimenti, seguo il suo percorso, seguo il suo mutare. Cerco di imprimerle gioia e sofferenza, cerco di inserire il suo tempo e il suo movimento nelle mie creazioni, per dare forma al tempo e creare spazio. Quel tempo e quello spazio che determinano tutto il nostro sapere, in cui si muove la nostra intera esistenza. E forse l’arte è proprio questo, un continuo dialogo col tempo e lo spazio. Allontanando quella vergogna che in passato ha trattenuto i miei desideri, ricercando quel sapere che mi ritorna attraverso l’atto espressivo, e che dà alle mie opere la possibilità di comunicare con le persone, ho voluto decorare con questi piccoli oggetti vivi la grande, pulsante, mutevole casa che abito”.

Gianluigi Pagani