
Pubblico alla presentazione del libro di Dino Benni
Sono nell’edicola di Viale della Resistenza e su una mensola vedo un libro sulla storia di Pianoro, dal titolo “Il borgo e i suoi abitanti. Pian di Macina dal 1953 al 1975” di Dino Benni. Lo compro senza pensarci e lo leggo in un giorno. Stupendo! In ultima di copertina trovo l’email dell’autore e fisso un appuntamento.
Ci vediamo a casa di Dino e sono due ore altrettanto stupende a parlare di storia del territorio e delle persone che lo abitano.
Dino è della classe 1947, nativo di Loiano, residente da sempre a Pianoro. Ha lavorato alla Giben tutta la vita, viaggiando tra l’Italia e l’estero, nell’ambito delle macchine automatiche. Conosce due lingue straniere e gestiva un ufficio di post vendita con oltre quattro dipendenti.
“Sono solo un cronista che riporta nei libri la propria vita, cronaca vera ossia fatti realmente accaduti che ho vissuto, oppure che mi sono stati riferiti da persone che li hanno vissuti realmente, memoria storica di Pianoro e della Valle dell’Idice – dice Dino Benni – racconto solo la storia del mio territorio ed ho raccolto circa mille fotografie storiche delle valli, oltre ai bandi pontifici e ad innumerevoli documenti storici. Raccolgo gli avvisi pubblici del Comune di Musiano nel 1828 e del Comune di Pianoro del 1848, che sto collezionando anche grazie al mio amico Marcello Lelli ed al parroco di Carteria, il defunto don Orfeo Facchini, nonché grazie ad innumerevoli ricerche storiche condotte nella chiesa di Scanello e nei registri parrocchiali.
Il mio libro su Pian di Macina ha venduto 1200 copie, ed oltre 200 persone hanno affollato la sala durante la presentazione nel 2013. Poi nel 2015 ho scritto <I Benni, cento anni, due valli, una famiglia> in cui parlo della mia famiglia, dei tempi passati, della cultura contadina e della ricostruzione di Pianoro dopo la guerra. Adesso ho nel cuore un altro libro dedicato al lavoro, alla storia della Giben ed ai tempi della carta carbone… ma è una sorpresa che svelerò, forse, più avanti”.
I Benni è un libro ancora più bello del primo, perché dedica numerosi capitoli a come si viveva nelle nostre valli nei primi del Novecento, quando “… le famiglie erano allargate, molto numerose, composte di persone adulte e di ragazzi di tutte le età – scrive Benni nel volume – in quegli anni le famiglie erano composte da genitori anziani, conviventi con figli sposati, e dai rispettivi nipoti, cugini fra loro. Queste famiglie numerose sopravvivevano lavorando fazzoletti di terra dai quali non si riusciva a ricavare il necessario per vivere decorosamente. La miseria era evidente anche se la gente non avvertiva il senso di povertà perché quasi tutti si trovavano nella stessa condizione, ad eccezione di pochi proprietari terrieri e di altri che lavoravano nella pubblica amministrazione. Si mangiava a malapena per vivere e lavorare, ma quello che mancava veramente era il vestire. Le persone non possedevano le scarpe o gli indumenti da indossare, e trascorrevano gran parte dell’anno camminando scalzi, con pantaloni che avevano le pezze nel sedere e sulle ginocchia, indossando una camicia per tutte le stagioni rattoppata da tutte le parti. Nelle case mancava la luce elettrica e l’illuminazione si otteneva con lampade a petrolio o alimentata a carburo. L’unica fonte di riscaldamento era il camino situato in cucina alimentato a legna. I letti erano riscaldati con un braciere, utilizzando il prete e la suora, ossia un telaio di legno che divideva le lenzuola e una tazza di latta che conteneva le ceneri con le braci. I figli si rivolgevano ai genitori e alle persone anziane con il Voi…”.
Poi i racconti della guerra e del nonno, che conosceva il tedesco e faceva da traduttore per le truppe germaniche. Numerosi i contatti ed i rapporti con gli altri storici del territorio, in particolare con l’amico Adriano Simoncini. Tante le letture e lo studio dei testi che parlano di Pianoro, a partire dal libro di don Cesare Guidi dal titolo “Musiano e Pianoro”, fino ad arrivare a Roberto Vitali con il volume su “Gianfranco Nannetti 1970/1980”. “L’unico mio cruccio – racconta Dino – è che noto un grande interesse delle persone anziane, mentre la storia e gli avvenimenti passati sembrano interessare poco i giovani. Ma proprio per loro la storia sarebbe fondamentale!”.
Fabio Mauri