
Umberto Magnani
La strada che dalla piazza di Livergnano porta alla chiesa – via della Chiesa, per l’appunto – non è una strada come tutte le altre: lì invece che avere quattro muri, le case sono completamente incassate nel costone roccioso. Dentro non vi accorgereste di niente perché le stanze sono rifinite come si fa dappertutto, ma fuori c’è solo la facciata. Bello e particolarissimo. Ma una è più particolare delle altre: il grande garage non è un garage ma un piccolo museo. Umberto Magnani vi ha raccolto una quantità di oggetti lasciati in zona dal passaggio degli eserciti tra l’inverno del 1944 e la primavera del 1945, quando i Tedeschi si ritiravano verso Bologna e gli Alleati li incalzavano. In attesa del disgelo il fronte si fermò proprio dalle nostre parti e quando i soldati se ne andarono, nelle case dei contadini rimase di tutto, dagli elmetti a cui si saldava un manico per usarli come mestoli, alle radio, alle cassette di munizioni, ai documenti, le fotografie e chissà quanto altro ancora. Umberto Magnani, livergnanese doc, da una vita raccoglie reperti ed ha creato un meraviglioso e particolare museo al pian terreno di una delle “case nella roccia” per raccogliere queste testimonianze. Gli abitanti della zona sono contenti di contribuire alla raccolta, e frequentemente passa qualche ricercatore a lasciare un reperto rintracciato gironzolando nei paraggi: è incredibile la quantità di materiale disperso che si può trovare ancora oggi, quasi 75 anni dopo. Il museo c’è da molto tempo e ha un nome pomposo, Winter Line, cioè Fronte Invernale. Visitarlo non è difficile: Umberto e sua moglie, Patrizia Piana, ci sono sempre e sono ben felici di far dare un’occhiata ai visitatori. Passate di lì anche voi, se vi capita, e fatevi raccontare del carro armato Panzer IV tedesco che vi era alloggiato. Stava lì nascosto per evitare di essere bersagliato dagli aerei degli Alleati, ogni tanto spuntava fuori per sparare una cannonata e poi tornava al riparo. Oggi dalla porta non passerebbe più ma allora, quando i Tedeschi si asserragliarono sul costone per ostacolare l’avanzata dei nemici, il garage era quasi una caverna, con un’apertura d’ingresso molto più alta. Al termine della guerra vennero rinvenuti pezzi e ruotine del cingolo stesso, una parte della marmitta e chiazze d’olio. Ma fatevi raccontare anche della gente che viene in visita da posti più incredibili. Molta più di quanto potreste credere. Spesso discendenti dei combattenti: tedeschi, americani, brasiliani, sudafricani… In media ogni quindici giorni passa dal museo qualcuno che viene da molto lontano, oltre a tantissimi Italiani. È difficile da credere, ma da quella viuzza di un piccolo paesino in cima a una montagna, passa tutto il mondo. Sui prossimi numeri de L’Idea avremo modo di riparlarne.
Dario Ballardini
Foto Signal Corps U.S. Army