
Bernardo Iovene
La nostra intervista esclusiva al Dott. Bernardo Iovene, residente a Pianoro, giornalista di punta della trasmissione Report.
Come è nata la sua passione per il giornalismo?
Mi occupavo di problematiche sociali e le documentavo attraverso i video, che all’epoca erano ancora poco diffusi. All’inizio facevo questo per passione e poi è diventato un lavoro quando fui contattato da una produzione esterna che voleva fare una trasmissione a telecamere nascoste. Si chiamava “Fatti e Misfatti”, del TG1, di Puccio Corona. Mi chiesero se avessi potuto fare delle inchieste a telecamera nascosta. Così mi inventai una telecamera molto rudimentale che però mi permetteva di andare in giro da solo per farle. Era il 1993, c’era anche Enrico Papi, che all’epoca era un giornalista del TG1, fu lui che mi contattò. Io ho lavorato sempre da esterno, non mi hanno mai assunto nè io ho mai chiesto l’assunzione. In seguito mi contattò Giovanni Minoli che aveva l’abitudine di provare cose nuove e sperimentare; faceva acquisti che poi teneva nell’archivio di Mixer e mi disse: “tutto ciò che produci poi ce lo dai”. Minoli si inventò con Milena Gabanelli “Professione Reporter”. Nacque così il mio rapporto con Milena che dura da 30 anni. Lei ha deciso di intraprendere nuovi percorsi professionali, mentre io sono rimasto a Report.
Lei è un nostro concittadino, ma è di origini napoletane.
Si, abitavo in centro a Bologna e poi quando abbiamo pensato di avere dei figli siamo venuti a Pianoro. Sono nato a Napoli, ma ormai la mia casa è qui, ho vissuto a Napoli, Milano, Roma e Bologna. Dovrei vivere a Roma, ma riesco a gestire il lavoro da qui e così ho scelto di restare a Pianoro.
Parlando di Report, con la nuova conduzione da parte di Sigfrido Ranucci ci sono delle differenze rispetto a prima con la Gabanelli?
Direi di no, Sigfrido è stato dieci anni gomito a gomito con Milena e ha saputo dare continuità a quella che era l’impostazione del programma. A differenza di Milena lui è un dipendente e conosce ancora meglio la complicata macchina della RAI. Era la persona più adatta, stiamo andando benissimo, ed è stata una successione naturale realizzata con il consenso della Redazione.
Qual è la difficoltà maggiore nel fare delle inchieste? quali gli ostacoli maggiori? Molte persone non vogliono parlare con voi!
La difficoltà è quella di farsi ricevere da chi ha la responsabilità su determinati argomenti. Se chiama Report non chiama perché ti vuole valorizzare, ma molto spesso perché ti vuole chiedere conto di qualcosa che hai fatto. Prima di parlare con noi tutti ci pensano, tantissimi rifiutano. Spetta a noi convincerli perché esiste il diritto di informare i cittadini e il dovere, di chi ha certe responsabilità, di rispondere. Gli uffici stampa al 90% consigliano i loro referenti di non farsi intervistare. Chi invece accetta dimostra di avere il senso della libertà di stampa.
Chi sono i più reticenti: i politici, i rappresentanti delle istituzioni o dell’imprenditoria?
Tutti hanno interesse a non farsi intervistare. Se noi andiamo da qualcuno è perché abbiamo raccolto della documentazione o delle denunce che indicano dei fatti precisi. Se non hanno nulla da nascondere rispondono, in caso contrario “scappano”.
Parliamo delle querele. Voi fate le inchieste, ma poi capita che siate denunciati.
Si, il problema è che ci sono delle denunce temerarie, quelle che cercano di intimorirci e quelle che cercano di fare in modo che non si torni più su quell’argomento perché si apre un’indagine che la maggior parte delle volte viene archiviata. In trent’anni non abbiamo mai perso una causa. Il problema è quando ci chiedono dei risarcimenti, anche se vinciamo noi, chi ci ha querelati non paga nulla. Noi possiamo permettercelo, ma tanti giornalisti con la paura delle denunce e del risarcimento danni si autocensurano. Bisognerebbe che il Parlamento legiferasse su questa situazione e fare in modo che chi perde la causa paghi almeno in proporzione a quanto richiesto.
Ricordo una Sua bellissima intervista ad Antonio Bassolino Commissario Straordinario ai rifiuti in Campania. Qual è l’intervista che Lei ricorda con più piacere?
Senza dubbio l’intervista con Bassolino mi diede molta soddisfazione e mi fece vincere anche un premio, ma con quella a Felice Confalonieri vinsi il Premio Ilaria Alpi: fu un’intervista molto sofferta, bella e ad un certo punto lui si fermò e riconobbe che avevo degli elementi per cui l’avevo messo in difficoltà e mi disse anche che gli piaceva il mio modo di fare giornalismo. Era il 2009.
Ultima domanda. Ci sono delle interviste durante le quali la telecamera dovrebbe essere spenta, ma in realtà rimane accesa facendo scoprire un’altra verità.
Per decenni gli intervistati: politici o funzionari di turno a fine intervista mi dicevano: “ma tu vuoi sapere realmente come sono andate le cose?” Le prime volte la telecamera restava accesa per sbaglio, poi abbiamo preso l’abitudine di non spegnerla a fine intervista e veniva fuori la verità. Ormai stanno tutti attenti, siamo stati sgamati!
Umberto Mazzanti