Anche se non c’è più, vogliamo ricordare don Luciano, non solo magnificandone i tanti pregi, ma raccontando anche dei tanti difetti. Perché era un uomo fatto, come tutti, di pregi e difetti… però i pregi erano di più. Un amico è una persona su cui puoi contare e Don Luciano era un amico. Nonostante il carattere esplosivo ed iracondo era leale e sempre disponibile ad ascoltare. Non era garbato e neppure educato ma era buono. Nei modi non era raffinato ma faceva cose belle e di gusto come la chiesa curata nei particolari o l’asilo che ha voluto con vetrate grandi e basse in modo che i suoi bambini potessero godere del panorama sulla vallata, esserci dentro. Oltre al dialetto conosceva le lingue morte e svariate lingue moderne.
Una volta un pellegrino russo sulla via di Roma bussò alla porta della canonica per chiedere informazioni e lui rispose correttamente in russo.
Era insofferente delle convenzioni ma rigido nel rispetto delle regole che si era dato.
Approfittava della veste per scandalizzare quanti avessero verso la religione un rispetto molto di forma e poco di sostanza e per questo si è guadagnato molte antipatie.
Non era democratico né in politica né in campo musicale dove non voleva sentire ragioni. Bastava nominare il leader di un certo partito per dar fuoco alla miccia: esplodeva in invettive ed insulti… e basta, non c’era la possibilità di discutere. Più o meno era lo stesso per la musica: verso quella moderna aveva una invincibile e ingiustificata avversione. Non la sopportava. Una volta gli ho chiesto: a parte le parole che differenza c’è tra certi inni che si cantano in chiesa e certe canzoni melodiche. Non si è neppure degnato di rispondere e anche in questo caso la discussione è finita lì. Per lui non c’era orario per prendere le medicine, per dormire, per mangiare, per bussare alla porta degli amici… quando sentivamo suonare il campanello di casa verso le dieci di sera chi poteva essere? Ma quante volte dopo una giornata di lavoro a fare le scenografie ci ha accolti a casa sua sempre disponibile a rifocillarci, a riscaldarci con le sue brusche attenzioni. Sì, perché noi avevamo un sogno e grazie a lui abbiamo potuto realizzarlo quando circa 30 anni fa ci ha consegnato le chiavi del Teatro Le Rose. E’ stato così che tra una discussione e l’altra è nata un’amicizia profonda e sincera. Addio Don, riposa in pace.
Maria Pia e Sergio Capelli